mercoledì 27 gennaio 2010

Per non dimenticare: le leggi razziali del 1938 (nella scuola)

Regio decreto legge n. 1390 del 5 settembre 1938 (pubblicato il 13 settembre 1938 sul n. 209 della Gazzetta ufficiale)

"Provvedimenti per la difesa della razza nella scuola"

Visto l'art. 3, n.2, della legge 31 gennaio 1926-IV, n.100;
Ritenuta la necessità assoluta ed urgente di dettare disposizioni per la difesa della razza nella scuola italiana;
Udito il Consiglio dei Ministri;
Sulla proposta del Nostro Ministro Segretario di Stato per l'educazione nazionale, di concerto con quello per le finanze;

Abbiamo decretato e decretiamo:

Articolo 1.All'ufficio di insegnante nelle scuole statali o parastatali di qualsiasi ordine e grado e nelle scuole non governative, ai cui studi sia riconosciuto effetto legale, non potranno essere ammesse persone di razza ebraica, anche se siano state comprese in graduatorie di concorso anteriormente al presente decreto; né potranno essere ammesse all'assistentato universitario, né al conseguimento dell'abilitazione alla libera docenza.

Articolo 2.Alle scuole di qualsiasi ordine e grado, ai cui studi sia riconosciuto effetto legale, non potranno essere iscritti alunni di razza ebraica.

Articolo 3.A datare dal 16 ottobre 1938-XVI tutti gli insegnanti di razza ebraica che appartengano ai ruoli per le scuole di cui al precedente art. 1, saranno sospesi dal servizio; sono a tal fine equiparati al personale insegnante i presidi e direttori delle scuole anzidette, gli aiuti e assistenti universitari, il personale di vigilanza delle scuole elementari. Analogamente i liberi docenti di razza ebraica saranno sospesi dall'esercizio della libera docenza.

Articolo 4.I membri di razza ebraica delle Accademie, degli Istituti e delle Associazioni di scienze, lettere ed arti, cesseranno di far parte delle dette istituzioni a datare dal 16 ottobre 1938-XVI.

Articolo 5.In deroga al precedente art. 2 potranno in via transitoria essere ammessi a proseguire gli studi universitari studenti di razza ebraica, già iscritti a istituti di istruzione superiore nei passati anni accademici.

Articolo 6.Agli effetti del presente decreto-legge è considerato di razza ebraica colui che è nato da genitori entrambi di razza ebraica, anche se egli professi religione diversa da quella ebraica.

Articolo 7.Il presente decreto-legge, che entrerà in vigore alla data della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del Regno, sarà presentato al Parlamento per la sua conversione in legge. Il Ministro per l'educazione nazionale è autorizzato a presentare il relativo disegno di legge.

Ordiniamo che il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sia inserto nella raccolta delle leggi e dei decreti del Regno d'Italia, mandando a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.

Dato a San Rossore, addì 5 settembre 1938 - Anno XVI

Vittorio Emanuele, Mussolini, Bottai, Di Revel.

domenica 17 gennaio 2010

film: LA CLASSE DENTRO LE MURA

Centro per la pace "Annalena Tonelli", Comune di Forlì, Provincia di Forlì-Cesena, Regione Emilia-Romagna
In collaborazione col C.I.D.l.(Centro d'iniziativa Democratica degli Insegnanti)

Rassegna di film (Gennaio - Febbraio 2010)
Centro per la Pace Annalena TonelliVia Andrelini, 59 - 47121 Forlì



Martedì 19 gennaio 2010Ore 20,30

Proiezione del film
(Vincitore a Cannes 2008)
LA CLASSE DENTRO LE MURAdi Laurent Cantet

Francoise e i suoi colleghi insegnanti si preparano per un nuovo anno di liceo in un quartiere difficile. Armati delle migliori intenzioni, si impegnano a non permettere che nulla li scoraggi e gli impedisca di fornire la migliore istruzione impossibile ai loro studenti. Le diverse culture e i diversi atteggiamenti spesso entrano in conflitto tra loro all'interno della classe, come in un microcosmo sintesi della Francia contemporanea.

Introduce: Marisa Tronconi, Dirigente Scolastico Istituto Comprensivo FAENZA


Per il programma completo del ciclo di film, vedi:
http://cidi-forli.blogspot.com/2010/01/cinque-film-forli-per-capire.html

2010 Anno internazionale dell'avvicinamento delle culture
Siamo tutti nati per risplendere come fanno i bambini.E quando permettiamo alla nostra luce di illuminare,diamo agli altri la possibilità di fare lo stesso.E quando ci liberiamo dalle nostre paure,la nostra presenza libera gli altri.(Nelson Mandela)

Al termine degli incontri verrà rilasciato un attestato di frequenza.Seguirà buffet conviviale.Con il contributo della Regione Emilia-Romagna

Per informazioniCENTRO PER LA PACE ANNALENA TONELLIVia Andrelini 59 - 47121 Forlì Lunedì - Mercoledì - Venerdì ore 9,00 - 13,00Lunedì - Venerdì ore 15,00 - 19,00
Tel. 0543 20218 - E-mail: forli@centropace.it

venerdì 15 gennaio 2010

Chi ha paura del federalismo scolastico?
CIDI di Bologna.


Prospettive del federalismo scolastico:
rischio di secessione o voglia di autogoverno?

Autonomia scolastica, Regioni ed Enti locali, curricoli, personale: cosa cambierà nella scuola?



20 Gennaio 2010, ore 15- 18
Aula Magna Regione Emilia-Romagna
Via Aldo Moro, 30
Bologna

Ne discutiamo con:

Emanuele Barbieri : Il federalismo tra costi e virtù finanziarie. L'alternativa ai tagli nella scuola.

Anna Armone : Dal governement alla governance: nuove regole “orizzontali” per il sistema educativo.

Gabriele Ventura : C'era una volta il sistema formativo integrato: alle radici del federalismo pedagogico.

Giancarlo Cerini : Una road map sostenibile per un federalismo “solidale” nella scuola.

Giovanni Sedioli: C'è una via emiliano-romagnola al federalismo?

Presiede : Ivana Summa, Presidente del C.I.D.I. di BOLOGNA




Perché questo seminario?

Sono ormai passati più di otto anni dalla riforma del Titolo V della Costituzione italiana. Da allora, si sono succedute ulteriori modifiche del quadro normativo generale oltre a numerose sentenze della Corte Costituzionale che hanno reso tutta la materia per un verso più chiara e, per un altro, ne rivelano l'incompletezza e il complesso intreccio con problemi di natura politica ed istituzionale.
Tutto ciò ha, di fatto, determinato – per il governo del sistema scolastico del nostro paese – una situazione di stallo e di incertezza.
Il mondo della scuola fa fatica a comprendere come si va assestando il quadro di attribuzione di poteri e competenze a Stato e Regioni e, soprattutto, quali siano gli autentici spazi di autonomia delle istituzioni scolastiche. Chi fa che cosa? Come creare un nuovo equilibrio che migliori concretamente il servizio scolastico attraverso politiche del territorio mirate ad esigenze concrete ed aspettative legittime? E come ricomporre un quadro nazionale in grado di garantire a tutti i cittadini la fruizione di un diritto che, come quello all'istruzione, è tutelato da norme costituzionali?
Alla vigilia delle elezioni regionali riteniamo importante riprendere le fila del discorso sulle prospettive di governo del sistema scolastico della nostra regione, perché le istituzioni scolastiche dell'Emilia-Romagna vogliono partecipare da protagoniste a questo cambiamento le cui ragioni fondamentali restano quelle di migliorare la qualità dell'offerta formativa, garantendo inclusione, equità e opportunità per ciascun cittadino.





Il CIDI è soggetto qualificato per l'aggiornamento e la formazione del personale della scuola ed è inserito nell'elenco definitivo del MPI (decreto 05.07.2005, prot. 1217), ai sensi del D.M. 177/2000.
Il seminario si configura come attività di formazione e aggiornamento.
Su richiesta, verrà rilasciato un attestato di partecipazione.
Per informazioni chiamare il 3385218774, o inviare una mail a ivana.summa@cidi.it.

mercoledì 13 gennaio 2010

Scenari interculturali: la circolare n. 2 dell'8 gennaio 2010

Una circolare da leggere (almeno) due volte…

di Loretta Lega, già Assessore all’Istruzione del Comune di Forlì

Il peggior modo di leggere la circolare n. 2 dell’8-1-2010 (quella sul tetto del 30%…) è di farlo con gli occhi dell’emotività e della rabbia, rispetto a ciò che si vede nei centri di accoglienza, nei campi di calcio, nelle periferie devastate delle nostre città, nelle bidonville indegne del nostro Paese. Ma sarebbe un errore opporre ai rischi striscianti dell’intolleranza, di cui ha parlato B.Spinelli su “La Stampa”1, una sorta di buonismo di maniera, che rifiuta di misurarsi con l’esigenza di una progettualità concreta, di regole certe, di impegni operativi, per rendere effettivo i principi di una scuola inclusiva e di una istruzione di qualità per tutti.
E’ evidente che dietro la cm 2/2010 ci sono anche tensioni ed interessi politici, a volte di breve respiro, ma i problemi che la nota ministeriale pone sono reali e richiedono una riflessione approfondita da parte della scuola e dei suoi operatori, come pure della società intera.

Partire dai dati

Un ragionamento pacato, alla ricerca di soluzioni praticabili, deve partire da alcuni dati di fatto:
nelle scuole del nostro paese, la presenza di allievi di cittadinanza non italiana è aumentata nell’ultimo decennio in modo esponenziale, dal 2,2 % del 2001 al 6,4 % del 2010, avvicinando l’Italia alle medie degli altri paesi europei;
oggi la quota di non cittadini italiani nati in Italia (in Francia sarebbero cittadini a tutti gli effetti!) oscilla ormai attorno al 35%, e supera la maggioranza tra i bambini della scuola dell’infanzia (è del 41,1% nelle elementari), ponendo l’inedito problema identitario degli immigrati di seconda generazione;
esiste una fascia, che si aggira sull’8% dei ragazzi, di prima immigrazione, che spesso si presenta a scuola, con scarsissimi o inesistenti livelli di conoscenza della lingua e del nostro contesto culturale;
la scuola viene lasciata sola nell’affrontare questa nuova situazione: in poche province sono previsti insegnanti statali “aggiunti” per l’alfabetizzazione e la mediazione culturale; i fondi per l’aggiornamento scarseggiano; le ultime riforme riducono i tempi della scuola, della compresenza, della pluralità docente, cioè di molti elementi utili a costruire una scuola accogliente;
ci sono esperienze pregevoli di Enti locali, di cui si dà conto nell’utile documento che l’ANCI ha presentato il 2-12-20092 alla Camera dei Deputati, volte a costruire strutture di alfabetizzazione, protocolli per l’accoglienza, interventi di mediatori culturali, ma le restrizioni della finanza pubblica rendono difficile ampliare e diffondere tali “buone pratiche”;
le dinamiche dell’immigrazione (degli adulti) sono scarsamente governate, provocando fenomeni di addensamento in alcune aree del paese o dei territori o delle città: di fronte a questo dato il tema della quota del 30% nella scuola appare del tutto ininfluente, perché dovrebbe chiamare piuttosto in gioco le scelte pubbliche e private in materia di accessi al lavoro, residenzialità, urbanistica, ecc.
Vien da dire che la società civile sembra indignarsi di fronte alle situazioni che si determinano in alcune aree critiche del Paese, ma è assai avara nel predisporre le condizioni per una serena e civile convivenza. E’ più facile assecondare l’emotività e la paura, piuttosto che investire in soluzioni praticabili che hanno comunque dei costi. Se la presenza di stranieri è un fattore di ricchezza per un territorio (pensiamo a Reggio Emilia, una delle province con più alto tasso di reddito e, in parallelo, di incidenza di abitanti “non italiani”), una parte di quella ricchezza –pubblica e privata- dovrebbe rifluire verso la scuola ed i servizi sociali, per assicurare la tenuta del sistema e la sua coesione sociale. Dunque ha ragione il Presidente della Camera, on. Fini, quando cerca, inutilmente, di porre la questione della cittadinanza (da conferire a certe condizioni) come elemento di sviluppo civile del nostro paese, al di là di ogni tentazione xenofoba.

Il difficile compito della scuola

La scuola vive in questo contesto sociale di forti emozioni attorno al tema dell’immigrazione. Pensiamo alla controversa questione del reato di immigrazione clandestina, che sembra cozzare contro il diritto di asilo e di accoglienza, nella scuola certamente il diritto all’istruzione, come diritto inalienabile della condizione umana, senza restrizioni o subordinate. La scuola italiana riconferma, anche nelle situazioni più difficili, la sua vocazione inclusiva e all’accoglienza. Basta scorrere i dati che rivelano la complessità del fenomeno (191 le nazionalità presenti)3, che si presenta assai diffuso in certe aree del paese piuttosto che in altre, con addensamenti significativi in taluni contesti, con inaspettate presenze in piccoli centri ed in realtà apparentemente lontane dai grandi flussi migratori.
La scuola è in grado di accogliere e lo fa in base alle sue tradizioni e capacità. Ciò avviene senza particolari enfasi e difficoltà nella scuola dell’infanzia ed elementare, anche se al termine del ciclo, già si manifesta un forte dislivello nei rendimenti scolastici tra allievi italiani e non italiani. Quando l’apprendimento richiede l’uso di codici linguistici sempre più raffinati e strutturati emergono difficoltà e dislivelli nei risulti. Ad esempio, le prove Invalsi nelle elementari, la prova nazionale dell’esame di licenza media, le stesse prove Ocse-Pisa testimoniano un progressivo incremento del differenziale nei risultati4. Anche i dati ufficiali sulla “dispersione” (bocciature, ritardi, abbandoni) testimoniano queste difficoltà: a 7 anni già il 12,3% dei bambini stranieri è in ritardo, a 13 anni lo è il 63,7%.

I fattori di rischio

Di fronte a questa situazione è necessaria una seria riflessione. Non basta stigmatizzare – come fa la cm 2/2010- le classi troppo eterogenee come “fattore di rischio di parziale o totale insuccesso formativo per tutti” gli allievi di quella classe (uno scivolone pedagogico in una circolare costruita quasi sempre in punta di penna e con equilibrio). Una simile affermazione, presa alla lettera, porterebbe al superamento del principio dell’integrazione scolastica dei disabili (e allora, le belle “Linee guida” sull’handicap, appena firmate dal Ministro il 4 agosto 2009?)5, al ripristino di classi differenziali e speciali, nel migliore dei casi alla formazione di classi omogenee di livello, contravvenendo ad un assunto non solo italiano dello streaming, come efficace strategia per stimolare l’apprendimento in un ambiente educativo al contempo, cooperativo e competitivo.
Dovrebbe, invece, essere stigmatizzata la rigidità dei nostri modelli organizzativi, in cui la scacchiera degli orari settimanali delle discipline, l’organizzazione delle cattedre e degli orari dei docenti, la compattezza monolitica dei gruppi-classe, non lascia spazi a margini di flessibilità, di opzionalità, a percorsi individuali, ad interessi ed esigenze di approfondimento. Siamo ben lontani da quanto auspicato dai principi dell’autonomia didattica ed organizzativa, affermati nel regolamento sull’autonomia ben 10 anni fa (Dpr 8-3-1999, n. 275) e richiamati anche dalla circolare.
Una maggiore personalizzazione/individualizzazione dei percorsi potrebbe anche smontare l’ansia della classe di inserimento, per cui viene confermata in via ordinaria il criterio dell’età anagrafica. La cm 2/2010, comunque, suggerisce di sottoporre l’alunno in ingresso ad una prova di accertamento linguistico per stabilire la classe di iscrizione, come già previsto dalla normativa vigente6.

Il nodo della scuola superiore

La situazione dell’integrazione si aggrava nel passaggio dalla scuola di base alla scuola secondaria di secondo grado, sia in termini di rigidità degli impianti, ma soprattutto di stratificazione nelle scelte e negli orientamenti di studenti e famiglie. Risulta addirittura patetico ricordare il fatto che solo il 2 % degli studenti dei licei sono non italiani, mentre lo è quasi il 9 % dei professionali. Possono le scuole, da sole, invertire questa tendenza? Pura velleità, se non si mette mano ad una radicale riforma culturale della nostra scuola secondaria superiore (ove non basta il restyling dei nuovi regolamenti). L’unica proposta per evitare ghettizzazioni sarebbe quella di costruire poli scolastici (o campus), ben caratterizzati per l’asse di riferimento (scientifico, umanistico, sociale, tecnologico, linguistico, economico, ecc.), ma aperti ad una pluralità di utenze e di percorsi (liceali, disinteressati, ma anche professionalizzanti, brevi, di alta formazione, di educazione permanente, ecc.) in cui intrecciare presenze sociali e provenienze: un problema di democrazia e di equità per gli italiani, prima ancora che per gli stranieri7. La circolare si limitata ad ipotizzare “moduli di apprendimento e percorsi formativi differenziati”.

Le proposte operative della circolare

Certamente, un eccessivo addensamento di allievi non italofoni all’interno di una singola classe può rendere più difficile una efficace integrazione. Su questo specifico aspetto, ma non solo, si dirige l’attenzione della CM 2/2010. Le ipotesi suggerite dalla circolare, secondo alcuni in modo eccessivamente intrusivo rispetto all’autonomia delle scuole (ma processi così delicati vanno “governati”), non sembrano di facile applicazione, ed il testo stesso della nota lo riconosce, proponendo una serie di deroghe, eccezioni, distinguo, non sempre facili da interpretare e da calare nei contesti operativi. La competenza, per le deroghe e gli adattamenti ai tetti, è comunque demandata al Direttore Generale dell’Ufficio Scolastico Regionale.

I “non” cittadini

Partiamo dalla fatidica quota del 30% e dal suo conteggio (posto che questa sia una soglia che abbia un suo significato)8. Chi sono gli allievi con cittadinanza italiana? –si chiede, con toni ironici l’Associazione Docenti Italiani, che ha prodotto una ricca documentazione in merito9. Certo esistono le leggi italiane sulla cittadinanza, che fanno riferimento al diritto di sangue piuttosto che a quello del suolo, ma ci sono proposte di legge in discussione volte a riformulare questo concetto, a renderlo più aperto alle istanze di una società multietnica, accompagnandolo –ad esempio- all’acquisizione di un grado di padronanza della lingua e dei riferimenti giuridici e costituzionali che fondano la nostra convivenza civile: una sorta di patriottismo “costituzionale” (Habermas), dove lo stare insieme è dovuto proprio alla condivisione delle leggi fondamentali piuttosto che alla appartenenza etnica. La mancanza del requisito della cittadinanza, un concetto oggi mutevole ed in evoluzione, sembra configurare una condizione di minorità che, tra l’altro, sarebbe soggetta a condizioni aleatorie (il ritrovarsi o meno in un territorio ad alta o bassa densità di immigrati). Tra l’altro, l’istruzione potrebbe invece agevolare un percorso verso la cittadinanza, ma il paradosso è quello di porre condizioni ai non cittadini per la loro istruzione, facendola dipendere dai contesti territoriali (a bassa o alta densità di immigrati).10

La coercizione negli spostamenti

Ammettiamo che in un plesso o in un istituto si determini il superamento della soglia del 30%. Come individuare i “perdenti posto”? Come costringerli ad uno spostamento lontano magari dalla propria abitazione? Con quali motivazioni farlo, per non dare l’impressione di una scelta coatta? Non ignoriamo che negli Stati Uniti per combattere la segregazione razziale si adottò negli anni ’60 il cosiddetto “forced busing” per riequilibrare la composizione etnica di determinati plessi, se si vuole, in una ottica anti-segregazionista. Ma da noi? Giustamente la c.m. 2/2010 imposta il problema non in termini di obbligo per i genitori allo spostamento, ma come dovere delle istituzioni di organizzare un servizio educativo in cui ci sia un equilibrio di presenze in classe (una volta le avremmo definito classi “equieterogenee”). Comunque, solo il 5% delle scuole supera la soglia del 30% di presenza di non italofoni.

La concertazione territoriale

Giustamente la circolare insiste sul coinvolgimento del territorio (a partire dagli Enti locali competenti: Comune e Provincia, ma anche delle associazioni no-profit e del volontariato) nel promuovere programmi di più vasto respiro (coordinamento territoriale delle iscrizioni, servizi di alfabetizzazione in rete, mediazione interculturale, ecc.), in grado di evitare l’acutizzarsi di situazioni critiche solo in alcune realtà. Sappiamo bene come spesso l’autonomia delle scuole si sia a volte tramutata in una sorta di autarchia competitiva, in cui ogni scuola tende a chiudersi e a gestirsi in proprio problemi e risorse (e la presenza di allievi stranieri può essere vista di volta in volta come una minaccia da evitare o come una inaspettata risorsa per la sopravvivenza di una scuola). In altre stagioni fu possibile attivare organismi di pilotaggio interistituzionale, dentro e fuori la scuola, come nel caso dell’handicap, occorre promuovere un analogo sforzo per l’integrazione interculturale. La circolare indica alcuni organismi di governance da istituire ai diversi livelli (nella scuola, nel territorio, in regione, nazionale)

La soglia di competenza linguistica

Uno dei motivi di deroga dal tetto del 30% è costituito dalla padronanza della lingua da parte degli studenti immigrati (a maggior ragione se questi sono nati in Italia ed hanno alle spalle già un percorso di scolarizzazione, nel nido, nella materna, nella scuola elementare). Ma come si accerta un livello di competenza linguistica? E qual è una soglia accettabile, che sia interpretata come una prima base di partenza da incrementare ulteriormente grazie ai processi di scolarizzazione? Esistono standard internazionali di competenza legati al quadro europeo delle lingue, quindi anche per l’italiano come seconda lingua. Sono disponibili strumenti e prove di accertamento di tali livelli, come quelli prodotti dalla Università per stranieri di Perugia. Tuttavia, l’acquisizione di una lingua diversa da quella materna non è un semplice problema tecnico, di acquisizione fredda di un nuovo codice, ma si lega a fattori culturali, psicologici, emotivi, sociali.

Italiano lingua due o interlingua?

Nell’apprendente una nuova lingua si crea uno spazio di connessione tra lingua già posseduta e nuova lingua (chiamato interlingua dagli studiosi), assai dinamico e ricco dal punto di vista cognitivo (se si lavora con intelligenza su di esso), che non può essere misurato solo in termini di quantità di errori e di progressiva correttezza del nuovo codice appreso. Parlare di interlingua significa valorizzare le prime competenze degli apprendenti11. Inoltre, come precisa la cm 2/2010, un conto è la lingua italiana utilizzata per i normali scambi della vita di relazione –che può essere incrementata attraverso un tessuto scolastico ricco di opportunità di scambio -, un conto è la lingua italiana da utilizzare per studiare e per inoltrarsi all’interno di specifici saperi disciplinari. L’italiano L2 per studio richiede un tirocinio e tecniche particolari (e un presidio linguistico più forte all’interno delle nostre scuole). Ritorna, nuovamente, il problema generale dello “stato” dell’insegnamento delle lingue all’interno dei nostri curricoli. Una società plurilingue come è ormai la nostra, che si riflette nella presenza di classi plurilingue, richiede un più consistente investimento sulla formazione dei docenti e sul rinnovamento di metodi e ambienti di apprendimento.

L’organizzazione didattica

Non esistono modelli vincenti per l’integrazione interculturale nella scuola. Ogni paese ha sviluppato proprie strategie culturali ed organizzative in merito all’integrazione scolastica degli immigrati, coerenti con le scelte più generali sulla politica dell’immigrazione: dal multiculturalismo tipico della Gran Bretagna alle politiche di assimiliazione della Francia. Per il nostro paese si è parlato spesso di una “via italiana all’integrazione”12, per segnalare la propensione inclusiva della nostra scuola, specie di quella di base e di come attorno alle scuole accoglienti sia possibile sviluppare inedite forme di dialogo, incontro, confronto tra culture, capaci di coinvolgere anche gli adulti. Sarebbe deleterio interrompere questo processo. Tuttavia, mantenere la “via italiana” richiede progetti, risorse, concretezza di lavoro, come ben segnala il documento emanato nel 2007 dal Ministero dell’istruzione. Il problema non è aggirabile solo immaginando classi ponte, dove realizzare una sorta di alfabetizzazione “forzata” o di decontaminazione culturale (vengono in mente gli immigrati italiani “in quarantena” sulle banchine di Ellis Island, all’inizio del ‘900).
Ogni singola scuola, le scuole in rete, il territorio, devono poter offrire una pluralità di opportunità e metodologie, che possono andare dai corsi intensivi, prima e a fianco della scuola, al potenziamento dell’offerta di lingua italiana nei currricoli (cui si fa cenno nel regolamento del primo ciclo, il Dpr 89/2009), alla facilitazione negli strumenti e nei sussidi. La cm 2/2010 contiene un’esauriente rassegna di tali possibilità, il problema semmai è tradurle in linee di lavoro praticabili.

Ad impossibilia, nemo tenetur (nessuno è tenuto a fare l’impossibile)

Dopo l’impatto duro che la circolare ha avuto al suo primo apparire, oggi il clima sembra più sereno, anche per le precisazioni che sono giunte dallo stesso Ministro, con una interpretazione più aperta delle misure prospettate. Ad esempio, con una attenzione particolare agli allievi non italiani nati però in Italia, con la considerazione del livello di conoscenza della lingua italiana. Con realismo, la circolare ammette che in certe situazioni sarà impossibile dare attuazione al principio del tetto massimo, come nel caso di piccoli comuni, ad alta intensità immigratoria, con poche istituzioni scolastiche, o di quartieri di grandi città in analoghe situazioni, ad istituzioni “in continuità” (una elementare con una media dirimpettaia…), ecc. In questi ed in altri casi diventa improbabile promuovere spostamenti radicali di utenza, ai quali occorrerebbe garantire comunque agevolazioni costose ed un servizio educativo di qualità.
Ma allora torniamo al punto di partenza ed alle scelte complessive che si intendono fare sulle
politiche dell’immigrazione, sul futuro della scuola e quindi della nostra società.

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1 B.Spinelli, Se questi sono uomini, in “La Stampa”, 10 gennaio 2010.
2 Il dossier dell’ANCI è rintracciabile sul sito di “Notizie della Scuola”: http://www.notiziedellascuola.it/news/anci-alla-camera-rilanciare-un-piano-nazionale-di-integrazione-anche-per-alunni-stranieri-nelle-scuole
3 Le nazionalità più rappresentate sono, nell’ordine: Romania, Albania, Marocco, Cina, Ecuador, Tunisia, Filippine.
4 Nelle prove di lettura, il dato medio dei quindicenni italiani è di 473 punti, quello degli stranieri di 415. Per una analisi di dettaglio, cfr. D.Mantovani, Gli studenti stranieri sui banchi di scuola in Emilia-Romagna, in G.Gasperoni (a cura di), Le competenze degli studenti in Emilia-Romagna. I risultati di Pisa 2006, Il Mulino, Bologna, 2008.
5 L.Lega, Linee guida sull’integrazione degli alunni con disabilità, in “Notizie della scuola”, n. 1, 1-15 settembre 2009, Tecnodid, Napoli.
6 Dpr 31-8-1999, n. 394 (Regolamento di attuazione delle norme in materia di immigrazione).
7 D.Chiesa, L’improbabile riforma delle superiori, in “Rivista dell’istruzione”, n. 5, ottobre-novembre 2009, Maggioli, Rimini.
8 Nel Dpr 394/1999 cit. si suggeriva di non costituire classi in cui la presenza di alunni non italiani fosse preponderante (maggioritaria?).
9 Il dossier dell’ADI è reperibile all’indirizzo: http://www.adiscuola.it/adiw_brevi/?p=2486
10 Fa molto discutere il Disegno di legge n. 103-A che introduce modifiche alla legge vigente (la n. 91 del 5 febbraio 1992), perché collega l’acquisizione della cittadinanza degli stranieri nati in Italia alla residenza continuativa fino alla maggiore età ed alla frequenza con profitto della scuola fino all’assolvimento dell’obbligo di istruzione e formazione (oltre ad un corso di storia, cultura e cittadinanza e Costituzione).
11 In Emilia-Romagna è stato predisposto un ampio programma di formazione dei docenti sul tema dell’interlingua. Ne parla G.Cerini sul sito “edscuola”. Cfr. http://www.edscuola.it/archivio/riformeonline/intercultura.htm
12 Il testo del documento, elaborato dall’Osservatorio nazionale per l’integrazione nel 2007, è reperibile sul sito del MIUR: cfr. http://www.pubblica.istruzione.it/news/2007/allegati/pubblicazione_intercultura.pdf

martedì 5 gennaio 2010

Cinque film a Forlì per capire l'incontro/scontro tra le culture

PACE E DIRITTI UMANI
Intercultura e dialogo interreligioso

Rassegna di film
Gennaio - Febbraio 2010

Promuovono: Centro per la pace "Annalena Tonelli", Comune di Forlì, Provincia di Forlì-Cesena, Regione Emilia-Romagna

IL LUOGO
Centro per la Pace Annalena Tonelli
Via Andrelini, 59 - 47121 Forlì

IL PROGRAMMA

Martedì 12 gennaio 2010
Ore 20,30
L'EST È L'EST
di Damien O'Donnell

Inghilterra anni '70. In un piccolo borgo dell'Inghilterra settentrionale vive la famiglia Khan, padre pakistano, madre inglese, sette figli "inglesi", che il padre invece vorrebbe far divenire a tutti gli effetti pakistani, imponendo loro i costumi del suo paese d'origine, combattendo ovviamente i contrasti dei ragazzi che non ne vogliono sapere di frequentare la moschea, soggiacere a matrimoni combinati, a vestire abiti pakistani, difesi solo dalla madre, rigorosamente inglese, che si trova nella difficile posizione di cuscinetto fra il marito e i figli.

Introduce: Claudio CernesiUniversità di Modena - Reggio Emilia

Martedì 19 gennaio 2010
Ore 20,30
LA CLASSE DENTRO LE MURA
di Laurent Cantet

Francoise e i suoi colleghi insegnanti si preparano per un nuovo anno di liceo in un quartiere difficile. Armati delle migliori intenzioni, si impegnano a non permettere che nulla li scoraggi e gli impedisca di fornire la migliore istruzione impossibile ai loro studenti. Le diverse culture e i diversi atteggiamenti spesso entrano in conflitto tra loro all'interno della classe, come in un microcosmo sintesi della Francia contemporanea.

Introduce: Marisa Tronconi, Dirigente Scolastico Istituto ComprensivoFAENZA

Martedì 26 gennaio 2010
Ore 20,30
ARRIVEDERCI MADRI
di Mohamed Ismail

Il 1960 segna una forte emigrazione di famiglie ebree dal Marocco verso il nuovo stato di Israele. Il legame tra persone di diversa razza e religione -una coppia mista, due giovani famiglie, un rabbino- si spezza seguendo un destino crudele. L'incertezza del futuro e la dura realtà dell'emigrazione si mescolano e segnano uno sviluppo imprevedibile.

Introduce: Daniela Zamboni, Centro per la Pace Annalena Tonelli

Martedì 2 febbraio 2010
Ore 20,30
IL GIARDINO DEI LIMONI
di Eran Riklis

Salma, una vedova palestinese che vive in Cisgiordania, scopre che il suo nuovo vicino di casa è il Ministro della Difesa israeliano. Quando, per ragioni di sicurezza, le viene intimato di abbattere il suo giardino di limoni, la donna si ribella e porta la causa in tribunale.

Introduce: Oretta Fabbri, Insegnante Scuola dell'Infanzia


Martedì 9 febbraio 2010
Ore 20,30
L’OSPITE INATTESO
di Thomas McCarthy

Walter Vale, professore universitario di Economia, scopre con sorpresa che il suo appartamento a New York, da tempo disabitato, è stato affittato con un imbroglio a una giovane coppia, il siriano Tarek e l'africana Zainab. Dopo un primo momento di sconcerto Walter decide di farli restare finché non troveranno un altro posto. In breve, tra Walter e Tarek prende forma un'amicizia. Quando però un contatto accidentale con la polizia fa finire Tarek, immigrato irregolare, in un centro di detenzione, Walter risulta essere l'unico che gli può far visita. I protagonisti affrontano i problemi della loro vita ed affiora la loro umanità attraverso situazioni ora goffe e comiche, ora tenere e drammatiche.

Introduce: Claudio Cernesi, Università di Modena - Reggio Emilia

2010
Anno internazionale dell'avvicinamento delle culture

Siamo tutti nati per risplendere come fanno i bambini.
E quando permettiamo alla nostra luce di illuminare,
diamo agli altri la possibilità di fare lo stesso.
E quando ci liberiamo dalle nostre paure,
la nostra presenza libera gli altri.
(Nelson Mandela)

In collaborazione col C.I.D.l.(Centro d'iniziativa Democratica degli Insegnanti)

Al termine degli incontri verrà rilasciato un attestato di frequenza.
Seguirà buffet conviviale.

Con il contributo della Regione Emilia-Romagna
Per informazioni

CENTRO PER LA PACE ANNALENA TONELLI
Via Andrelini 59 - 47121 Forlì
Lunedì - Mercoledì - Venerdì ore 9,00 - 13,00Lunedì - Venerdì ore 15,00 - 19,00Tel. 0543 20218 - E-mail: forli@centropace.it

lunedì 4 gennaio 2010

E' uscito il numero 8 di SCUOLINFANZIA CIDI

LA PELLE GIUSTA 1

di Oretta FABBRI (Cidi di Forlì)

Caro fratello bianco, quando sono nato, ero nero, / quando sono cresciuto, ero nero, / quando sono al sole sono nero, / quando sono malato, sono nero, / quando morirò, sarò nero.
Mentre tu, uomo bianco, quando sei nato, eri rosa, / quando sei cresciuto, eri bianco, / quando hai freddo, sei blu, / quando hai paura, sei verde, / quando sei malato, sei giallo, / quando morirai, sarai grigio.
Allora, di noi due, chi è l’uomo di colore.

(Tradizione orale africana)

E’ arrivata Maria, la tirocinante…

Per due settimane, le tirocinanti alunne dell’Istituto Professionale “Roberto Ruffilli” di Forlì[1], saranno ogni giorno con noi.
Maria è la tirocinante assegnata alla nostra sezione dei grandi. Mi presento dandole il benvenuto e la accompagno seguita dai bambini incuriositi dalla nuova amica allo “sgabuzzo” dove può depositare abiti, zaino, libri.
Mentre aspettiamo l’arrivo dei 28 bimbi racconto a Maria come siamo organizzati, la presento ai genitori e ai bambini che entrano, rispondo alle sue prime curiosità.
Osserva le varie routine quotidiane: svestirsi e mettere in ordine i propri cappotti negli attaccapanni, controllare con i genitori la posta individuale, appendere il cartellino con il proprio nome e cognome nell’apposito pannello esterno all’ingresso della sezione, entrare salutando l’insegnante e i compagni, salutare il genitore e inserirsi in un gruppo già al lavoro o organizzarsi autonomamente.
Entra l’addetta al “palmare mensa” come sempre siamo 28 su 28 e finalmente possiamo presentarci a Maria.
Chiamo ogni bimbo per cognome seguendo l’ordine alfabetico del registro di classe (2), ognuno si alza dà la mano a Maria dicendole: – sono…(nome) piacere di conoscerti –
Terminata questa operazione un po’ imbarazzante per alcuni timidoni, spiego ai bimbi come staremo con Maria, cosa le faremo vedere, sentire, le racconteremo la nostra scuola, i nostri giochi, le favole, le canzoni…
I bambini molto incuriositi chiedono a Maria com’è la sua scuola, cosa si fa nella sua scuola, perché lei così grande viene a scuola con noi.

Le presentazioni

La tirocinante, ragazza molto gentile nei modi, nell’aspetto e nella voce si presenta, racconta la sua scuola e come sia felice di stare con noi.
- Anch’io, anch’io, anch’io… - le dicono in coro saltandole addosso come fanno spesso quando arrivano i tirocinanti.
Dice un bimba prendendola per mano: - è bello il colore marrone della tua pelle liscia.
Naturalmente come accade con i bambini, scatta per tutti “il dire” il proprio pensiero.
- Il babbo di Enrico è marrone più scuro di Maria anche se sono nati nello stesso posto.
Mentre continuano a parlare tutti assieme si intrecciano domande, esperienze, saperi e richieste su come fa la pelle a nascere marrone o rosa.
- Ma non è mica rosa la tua faccia.
- Neanche la tua allora.
- La sua sembra bianca trasparente
- Però senti com’è liscia
Queste discussioni sono quotidianità nelle scuole dei piccoli e credo che la funzione di noi adulti sia quella di entrare con leggerezza dentro al “loro dire” e aspettare un nuovo “la” per andare per altre strade.
Mi siedo vicino a Maria che sta cercando di scrivere tutto quello che dicono i bambini.
La invito ad ascoltare i bambini senza scrivere, perché solo con un registratore potrebbe trascrivere tutto. Ascoltandoli attentamente si riesce a capire meglio il senso di ciò che dicono, guardandoli in viso, cogliendo i toni della voce, osservando le posture del corpo.
Ascoltarli in silenzio, guardarli senza interromperli, rispondere solo se interrogati, dà a noi la possibilità di cogliere l’essenziale di ciò che dicono e sanno.

Dialoghi … sulla pelle

Anche loro ci ascoltano e guardano attentamente perché con la sua voce più che squillante un bimbo dice: - Oretta ma te sembri un po’ gialla vicino a Maria e poi lei ha anche i capelli neri e te li hai bianchi come d’argento lucido, e poi la tua pelle ha anche delle righe vicino agli occhi.
Meno male finisce questa completa e reale osservazione della realtà.
- Sai la mia nonna mi ha detto che le righe attorno agli occhi si chiamano zampe di gallina.
- Perché?
- Perché sono grinzate
- Cosa vuole dire?
- Stropicciate
- Oretta ci fai vedere le tue zampe della gallina?
Si avvicinano e mi lascio guardare attorno agli occhi e qualcuno fortunatamente osserva che sono azzurri come il cielo (donne, mai disperare qualsiasi offesa ci rifili Brunetta i bambini ci renderanno sempre il dovuto). Allungo le braccia così riesco a scrollarmene qualcuno di dosso intanto Maria guarda e riprende a scrivere quanto accade.
- Se prendiamo la lente si vede meglio.
Tutti prendiamo le lenti di ingrandimento, inizia la scoperta della pelle del viso, del collo, delle mani, dei piedi…, si vedono le pelurie, i nei, le cicatrici, le impronte digitali, le unghie…
- Oretta, la pelle delle tue mani sembra quella delle zampe dell’elefante.

A fior di pelle

Ogni storia personale è anzitutto una storia di pelle…La pelle esplicita la differenza individuale, ma segnala al contempo il genere sessuale, la condizione sociale, l’età…essa costituisce il punto di contatto con il mondo e con gli altri. Barriera protettiva rispetto agli oggetti esterni, sebbene impotente a trattenere le aggressioni oltre una determinata soglia, essa è così viva in quanto respira, ha rapporti di scambio con l’ambiente, emette odori, traduce gli stati d’animo mediante la consistenza (avere la pelle d’oca),il calore, il colore che la contraddistinguono. Stabilisce il passaggio di stimoli e di senso tra il fuori e il dentro…è luogo di scambio con il mondo: attraverso di essa transitano calore, luce, piacere e dolore.
La qualità del rapporto con il mondo è anzitutto una questione di pelle.
David Breton Il sapore del mondo. Un’antropologia dei sensi R.Cortina ed. (3)

Toccare

…il tatto è il senso principale dell’incontro e della sensualità, è il tentativo di abolire la distanza avvicinandosi all’altro in una reciprocità che si vuole immediata. D. Le Breton

E’ liscia la mia pelle, quella della mia tartaruga è rugosa, quella dei pesci ha le squame che a volte tagliano, il cavallo ha la pelle di pelo, la pecora però se gli tagli la pelle di lana sotto è nuda e rosa. A me mi viene la pelle d’oca quando è freddo che vuole dire che non mi vengono le piume bianche ma tanti puntini con tutti i peli dritti. La mia pelle è liscia come il velluto e la mia mamma dice che la mia è burrosa. Però quando usiamo la creta la pelle diventa secca e rugosa. Delle volte sembra la carta vetrata e le labbra con il freddo si screpolano. Se hai la febbre la pelle scotta.

Cerchiamo tanti tipi di pelle con ricerca di foto e immagini di animali, ricerca di campionari di vari tipi di pelle. La pelle degli alberi: le cortecce. Facciamo il libro “Alfabeto degli alberi dell’Arcobaleno”. La pelle della frutta e della verdura; con un babbo facciamo l’orto con insalata, pomodori, zucche.

Guardare

Ogni mondo è paese
Quando portammo per la prima volta i nostri figli in Africa a conoscere i nonni paterni, venivano rincorsi e additati dagli altri bambini con le grida: yovo! (bianchi) yovo! yovo! i miei pazientarono per i primi giorni ma, siccome la scena si ripeteva di continuo, dovetti spiegare il significato del termine. Giunti a casa, esasperata, mia figlia mi chiese: - papà, perché in Italia mi chiamano negra e qui in Togo mi dicono yovo?

Sreck ha la pelle verde come le rane. Tu sei rosso come un tacchino. Il camaleonte cambia sempre il colore della pelle. (4) La giraffa ha due colori come la zebra. Anche il serpente corallo è di due colori. La pelle del porcello è rosa. Allora perché coloriamo la nostra pelle rosa? Come fa la pelle a diventare marrone?

Perché se la tua pelle è bianca e quella di Maria marrone l’ombra che fate nel muro è nera per voi due? (5)

Sotto la pelle ci sono tante cose, anche lo scheletro che è bianco, è fatto di ossa. Io ho visto l’osso del bue è bianco. Beh! perché non lo sai che tutte le ossa sono bianche?

Visto da vicino,nessuno
è normale.
Caetano Veloso




I tanti campionari trovati per toccare la pelle sono utili anche per vedere i colori della pelle e farne un immenso tappeto da guardare e toccare. Spiegare scientificamente ai bambini come la nostra pelle diventa scura al sole. Maria è nata con la pelle marrone, chi vive al polo nord è molto più bianco di noi. Utilizzare il microscopio per vedere ancora meglio la pelle, le impronte digitali. Procurarsi vecchie radiografie e comporre uno scheletro. Giocare con le ombre.

Due colori di Mohiedden El Labbad

Diventando grande, ho imparato il nome di molti colori. Imparai che il “Blu” non è uno ma ci sono molti tipi di blu, e che “rosso”, “giallo” e “verde” sono molti rossi, gialli e verdi. Quando cominciai a studiare arte, imparai che ci sono molti colori oltre gli essenziali e più conosciuti. Tra questi colori meno noti, incontrai un colore chiamato “carne”, che usavo pronto in tubetti e piccole bottiglie. Molti di noi dipingevano facce, mani e corpi umani con questo color “carne”. In questo tempo lontano, nessuno di noi scoprì che tutti i colori che usavamo erano importati dall’Europa e dagli U.S.A. Non uno di noi scoprì che americani e europei fabbricavano questi colori per loro proprio uso e consumo. Per questo il color “carne” assomigliava al colore della propria pelle e non alla nostra. Un giorno mentre dipingevo, il mio occhio cadde sulla mia mano che usava il pennello che dipingeva corpi e facce con i colori importati, e trovai una grande differenza!
Il colore della mia mano era così differente dal color “carne” con cui stavo dipingendo. Mi stupii e smisi di dipingere, e dopo un attimo smisi di usare questo colore e cominciai a comporre – da solo – un nuovo color carne, e ad usarlo per dipingere volti, mani, braccia e corpi. Il nuovo colore era più simile al colore della mia pelle, e alla pelle del mio popolo.
Mohiedden El labbad è nato al Cairo nel 40, pubblica il suo primo libro per bambini nel 62.

Annusare

Senti che profumo di pesca ha la mia pelle. La pelle del pesce puzza. Anche la tua quando sei sudato.
Sentire il nostro odore e quello dei compagni. Raccogliere frutta, oggetti, materiali per sentirne l’odore. I fiori: fare con le bacche e i petali delle rose la marmellata e l’acqua di rose.

Gustare

La pelle è salata. Se fai il bagno nel mare è ancora più salata. Il mio cane mi lecca sempre, è per dirmi che mi vuole bene. E’ buona la pelle del pollo arrosto è salata con il rosmarino.
La frutta ci consente di gustare la buccia: quella delle mele è dolce, quella dei mandarini è amara, quella delle noci è dura….

Ascoltare

La pelle suona. Se te prendi uno schiaffo la pelle fa un sciac…
Battere le mani su tutto il corpo con tante modalità di battito (mano aperta, un dito il pugno), schioccare le dita, battere il corpo e le varie parti su diverse superfici e materiali.

… Dopo cinquanta minuti che il ciuchino Pinocchio era sott’acqua, il compratore disse, discorrendo da sé solo: - a quest’ora il mio povero ciuchino zoppo deve essere bell’e affogato. Ritiriamolo dunque su, e facciamo con la sua pelle questo bel tamburo. (6)

…ma tu ti consideri un uomo di colore, io mi considero un uomo.
dal film “Indovina chi viene a cena”


1 La pelle giusta di Paola Tabet articolo tratto da “Una Città” rivista edita a Forlì *
Paola Tabet, La pelle giusta, Einaudi ed.
Jerome Roullier, Uomo di colore, Arka ed. (purtroppo introvabile)
2 Sandro Onofri, Registro di classe, Einaudi ed.
3 David Le Breton, Il sapore del mondo. Un’antropologia dei sensi, R.Cortina ed.
David Le Breton, La pelle e la traccia, Meltemi ed.
David le Breton, Il mondo a piedi, Feltrinelli ed.
4 Leo Lionni, Un colore tutto mio, Babalibri ed.
5 Nassera Chohra, Volevo diventare bianca, e/o ed.
6 Carlo Collodi, Pinocchio.
Gunter Grass,,Il tamburo di latta, Feltrinelli ed.
* Una città v. Duca Valentino 11 47100 Forlì 0543 21422 unacitta@unacitta.it http://www.unacitta.it/
La voce dell’innocenza
Quando mia moglie ed io fummo invitati ad una trasmissione televisiva sulla coppia mista, mio figlio di nove anni mi chiese: - perché papà devono fare una trasmissione sulla coppia mista. Cosa vuol dire coppia mista? Risposi: - vedi che papà è nero e la mamma è bianca: noi formiamo una coppia mista. Siccome per la gente è una cosa nuova, vogliono che ne parliamo. Dopo averci pensato per un po’, mi guardò e disse: - boh, per me, una coppia mista…è un uomo che sposa…un robot.
Kossi Komla Ebri, Nuovi imbarazzismi, Edizioni Dell’Arco-Marna.
Kossì nato in Togo nel 54 è cittadino italo-togolese, risiede a Ponte Lambro (Como) è medico presso l’ospedale Fatebenefratelli di Erba.

[1] Roberto Ruffilli era un docente universitario collaboratore di Moro, ucciso nel suo studio a Forlì negli anni ‘80 dalle Brigate rosse.